Nazionalismi by Unknown

Nazionalismi by Unknown

autore:Unknown
La lingua: ita
Format: epub
editore: Editrice Bibliografica
pubblicato: 2019-07-07T16:00:00+00:00


ROMANIA

IL MITO E L’IDENTITÀ

“Una nazione legittima la sua esistenza attraverso la lotta per un’idea storica”.

(Emil Cioran, Trasfigurazione della Romania)

Potremmo chiamarlo il “paradosso romeno”. Il paese forse più nazionalista dell’Europa centrorientale non ha un partito esplicitamente e dichiaratamente nazionalista. Nella nazione che ha sempre fieramente rivendicato la sua unicità etnolinguistica di matrice latina per distinguersi dai suoi vicini slavi, che più di altre ha celebrato l’ideologia e l’identità nazionali, l’ultima forza politica costruita intorno all’idea dell’esaltazione identitaria è stato il partito România Mare (Grande Romania). Guidato da Corneliu Vadim Tudor, poeta di corte di Nicolae Ceauşescu, e rifugio di fanatici di estrema destra e nostalgici del comunismo romeno, il partito è lentamente scivolato nell’irrilevanza dopo aver portato il suo candidato, Tudor stesso, al ballottaggio delle presidenziali del 2000. E non ha lasciato eredi degni di nota. In compenso in Romania il culto dell’identità nazionale è sopravvissuto e gode ancora di ottima salute, ben rappresentato in quasi tutte le correnti politiche. Un culto che, come tutti i culti identitari, è in buona parte una costruzione artificiale, fondata su versioni più o meno idealizzate di avvenimenti storici non sempre documentabili.

Nel caso della Romania i tre miti che spiegano e giustificano l’esistenza stessa della nazione sono quello della continuità (i romeni hanno sempre abitato le terre oggi racchiuse nei confini del loro stato), quello dell’unità (il paese è sempre stato un’entità compatta e unificata) e quello dell’omegeneità etnico-culturale (cioè la tendenza a cancellare o a sottovalutare il ruolo e le influenze culturali e linguistiche di altri popoli o minoranze).

Lo studioso che più si è impegnato per decostruire le stratificazioni della storiografia romena e “individuare le tendenze alla creazione di miti che sono intrinseche all’animo umano e alla coscienza delle comunità” è Lucian Boia, uno dei maggiori storici romeni, formatosi durante gli anni del comunismo e ancora oggi tra gli intellettuali più rappresentativi del paese. Nell’introduzione al suo Myth and consciuosness in Romanian history c’è un monito che in epoca di sovranismi trionfanti e falsità storiografiche smerciate senza alcun ritegno può essere utile tenere a mente. Riguarda la necessaria “distinzione tra due parole e due concetti. La mistificazione è un processo brutale che non ha nulla a che fare con la sofisticata sostanza del mito. È fatta di bugie, di inganni, di deliberata disinformazione. Il mito, invece, serve a definire e a illustrare la grande fede che anima un popolo”. Sgomberato il campo dal possibile equivoco, e stabilito che nelle narrazioni politiche dell’oggi siamo molto più abituati ad avere a che fare con le mistificazioni che con i miti, il punto di partenza della nostra conversazione, che si tiene nella sala da tè di una libreria di Bucarest a pochi passi dal parco Cișmigiu, è la più celebre rappresentazione della storia romena: l’affresco circolare, dipinto da Costin Petrescu negli anni trenta del novecento, che decora l’intero perimetro del teatro Ateneul e ricostruisce le vicende del popolo romeno, dalla sua fondazione al regno di Carlo II, alla vigilia della Seconda guerra mondiale.

Un’immagine, in particolare, è emblematica:



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